lunedì 17 marzo 2014

Incontro col campione: Despaigne


<<Se vuoi diventare un campione, devi credere di potercela fare!>>
La fredda palestra della scuola si anima improvvisamente quando dalle porte entra il monumentale Jöel Despaigne, campione della pallavolo cubana e Michele Gatto, suo amico e collaboratore, anche lui pallavolista ed ex alunno della Scuola Aldo Moro.
Il gelido alone che incombe sulla palestra vuota viene spazzato via quando, tutt'a un tratto, le vecchie porte si dischiudono e lo spirito della pallavolo possiede le reti e gli animi,  gli occhi si sgranano e tutti si alzano. Il caldo arriva veloce, l'inerzia degli alunni sonnacchiosi si nutre dell'emozione che la pallavolo è capace di portare. Lo SPORT è capace di dare vita anche a palestre e campi deserti.
I bambini della quinta elementare e i ragazzi delle terze medie si siedono in semicerchio, come davanti ad un cantastorie, Joel e Michele. Stregati da qualche incantesimo i ragazzi si lasciano guidare dai video che i campioni hanno portato e poi cominciano le domande.
<<Come ti sei avvicinato alla pallavolo?>>
<<In televisione, vedevo giocare a calcio, a pallavolo, a basket. Ho visto le emozioni che trasmetteva lo sport e ho deciso anche io di provare quelle emozioni. Anche se mia madre all’inizio era contraria alla pallavolo perchè voleva che continuassi a studiare, una signora che stava in casa, disse a mia madre che magari sarei diventato un campione, allora iniziai a giocare e non smisi più.>>
Il campione Joel e il suo amico Michele rispondono con enfasi, muovendosi e guardando i ragazzi negli occhi. Il messaggio che vogliono trasmettere è chiaro ed emerge quando Joel per la prima volta fa una domanda ai ragazzi: <<Qualcuno di voi ha paura di farcela?>> Due o tre ragazzi alzano la mano.
Joel a quel punto fa un passo avanti e parla davvero con il cuore. Dice che tutti abbiamo paura di qualcosa, che siano i ragni, le professoresse, o il buio, ma noi dobbiamo mangiare la nostra paura e solo se ci crediamo veramente riusciremo a sconfiggerla.
A volte per illuminare una stanza buia basta una piccola fessura inondata dalla luce. Quando nessuno crede in te devi semplicemente cercare di aprire una fessura in quel buio accecante per riuscire a vedere la luce. Ha detto che tutti dentro hanno un talento e bisogna impegnarci per capire quale è e va sfruttato al massimo. E per farlo serve tanto allenamento... non solo fisico.
I ragazzi sorridono. Joel ha qualche difetto di pronuncia ma riesce ad esprimere la sua opinione: per realizzare i nostri sogni dobbiamo credere veramente di potercela fare.
Poi indica un ragazzo che conosce e che gioca a pallavolo. Gli dice che lui SA che può diventare un campione, ma non  basta pensarlo. Insiste e continua a parlare, dicendo che  mentre si lava i denti, mentre dorme, e addirittura mentre mangia o mentre cammina deve ripetersi: io diventerò un campione.
Si vede che si sta divertendo a stare con i ragazzi, mima  le sue parole e gesticola molto, e riesce sempre  a far comprendere ai ragazzi l'importanza del suo messaggio.
Finita l’intervista i due campioni si dividono, separando le terze  dalle quinte. Michele raduna le classi quinte e insegna ai piccoli i fondamentali della pallavolo. Fa fare ai bambini diversi esercizi come il palleggio con il baker e l’esecuzione di schiacciate. Si divertono molto in questa magica esperienza, e lo fa anche Michele, che intrattiene con fermezza e simpatia quei piccoli futuri campioni.
Joel intanto fa muovere le terze, a suon di fischietto e palleggi, e alla fine tutti, instancabili, continuano a giocare, nessuno ha voglia di smettere.
L'incontro volge al termine. Joel si fa fare le foto, firma gli autografi e poi insieme ai ragazzi gira un piccolo video, in cui tutti gridano <<Italia Uno!>>
Quando la  campana della quinta ora suona,  alunni, campioni, preside e professori, per un attimo, colpiti da quel suono, diventano improvvisamente uguali, tutti ragazzi esuberanti, desiderosi di uscire all'aperto, di affrontare la vita. 
Così l'incantesimo finisce e il vento caldo viene inghiottito dalle fredde mura della palestra.
La felicità però non ha temperatura, e i ragazzi hanno imparato una cosa in più: Anche loro in futuro saranno dei campioni

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